La delega ad un soggetto terzo del potere di partecipare alla mediazione
Nella quotidiana esperienza professionale, il mediatore civile e commerciale spesso
si trova ad affrontare il problema della valutazione della procura sostanziale e/o della
delega conferita a terzi dalla parte titolare della posizione soggettiva portata in
mediazione. Non vi è dubbio, infatti, che tra i compiti che il mediatore deve assolvere in via
preliminare vi sia quello di accertare l’identità delle parti, degli avvocati e delle altre
persone presenti alla mediazione, come eventuali persone di fiducia o familiari che
accompagnano le parti, tecnici, periti di parte, e di verificare i poteri di rappresentanza, la
validità di procure e deleghe.
Per inquadrare nella maniera più efficace i termini delle varie questioni sottese a questo
tema, è opportuno ripercorre, brevemente, la storia di questo istituto.
Nella prassi degli sportelli di conciliazione delle Camere di Commercio, risalente
alla fine degli anni 90, era previsto sia che l’interessato partecipasse personalmente alla
procedura, sia che conferisse, per iscritto, il potere di rappresentanza ad un terzo, ovvero
ad una persona di fiducia, che svolgesse o meno una attività professionale di assistenza e
consulenza.
La procedura di conciliazione era infatti caratterizzata dalla massima informalità e
volontarietà, dato che all’epoca erano del tutto marginali le ipotesi in cui il tentativo di
conciliazione era condizione di procedibilità della domanda giudiziale (telecomunicazioni,
subfornitura) e non era previsto alcun obbligo di assistenza legale.
Nelle procedure di conciliazione presso gli sportelli delle Camere di Commercio,
l’attività svolta dal conciliatore era puramente “facilitativa”, volta ad aiutare le parti a
individuare i rispettivi interessi e a ricercare soluzioni praticabili e reciprocamente
accettabili, secondo il modello di Harvard. La partecipazione degli effettivi titolari degli
interessi in gioco, o di loro delegati adeguatamente informati di tutti gli elementi necessari
alla trattativa, era di fatto una condizione necessaria per poter procedere, e come tale
riconosciuta dalle stesse parti.
Nella assoluta maggioranza dei casi, quindi, era il diretto interessato a partecipare alla
procedura, eventualmente affiancato da un consulente, che spesso era un commercialista
nelle controversie BtoB o un delegato delle associazioni di categoria nelle controversie
BtoC.
L’introduzione della mediazione civile e commerciale con il D.Lgs 28/2010 è stata
per molti versi rivoluzionaria. L’introduzione dei casi di obbligatorietà dell’esperimento del
tentativo di mediazione quale condizione di procedibilità dell’azione civile, e le sanzioni
previste per la mancata partecipazione alla procedura, hanno comportato la necessità di
consentire e/o garantire alla parte sostanziale la necessaria assistenza dell’avvocato, sia
nella redazione e deposito degli atti, sia nello svolgimento della procedura, ma hanno
anche generato una serie di problemi interpretativi, in merito a quali ipotesi di assenza
della parte sostanziale potessero integrare la fattispecie della mancata partecipazione.
Di fatto, al momento della entrata in vigore della normativa in oggetto, nel nostro
paese la cultura della mediazione e della negoziazione era riservata a circoscritte aree
professionali e a limitati ambiti, mentre era tema pressoché estraneo alla formazione
giuridica forense. Di conseguenza, sia gli avvocati sia i magistrati si sono trovati, in modo
repentino e inaspettato, a doversi confrontare con un istituto caratterizzato da struttura,
modalità di svolgimento, finalità ed etica completamente diverse da quelle del processo
civile. Si è dovuto acquisire dimestichezza con uno strumento di gestione delle
controversie quasi sconosciuto per il sistema giuridico interno, e si è dovuto ricostruire, in
via interpretativa, il coordinamento tra la disciplina della mediazione e quella del processo.
Forse uno dei primi punti in cui si è manifestata maggiormente questa “tensione” è stata
proprio la partecipazione della parte sostanziale.
In difetto di specifiche indicazioni normative, molti avvocati hanno ritenuto di
applicare al procedimento di mediazione la disciplina prevista per il processo civile, in cui
la parte sostanziale è rappresentata dal suo procuratore (art. 83 c.p.c.) per cui il titolare
della posizione giuridica soggettiva di cui si chiede tutela non partecipa al processo
personalmente, ma solo attraverso il suo rappresentate processuale (i casi di
comparizione personale delle parti, infatti, sono ormai circoscritti ai procedimenti in materia
di separazione e divorzio e esercizio della responsabilità genitoriale).
Si è spesso riscontrato nella pratica, infatti, che alla domanda di mediazione o al
modulo di risposta veniva allegata una procura dalla parte al suo avvocato di contenuto
del tutto affine a quello della procura alle liti, il che ha creato non poche difficoltà sia agli
organismi di mediazione sia agli stessi mediatori nella gestione di tali procedure. Problemi
sia dal punto di vista formale, perché le procure così confezionate presentavano contenuto
incongruente rispetto alle attività da svolgere nella mediazione, sia dal punto di vista
sostanziale, perché l’avvocato procuratore della parte poteva essere molto preparato sulla
posizione del cliente, ma essere del tutto disinformato sugli interessi e gli obiettivi
sottostanti che, viceversa, costituiscono proprio il nucleo essenziale per poter coltivare il
negoziato. L’assenza della parte sostanziale è poi del tutto incompatibile con le pratiche
mediative orientante al metodo trasformativo, o circolare narrativo.
Per ovviare alla lacuna normativa, all’indomani della entrata in vigore del D.Lgs
28/2010, molti organismi hanno adottato regolamenti in cui si prevedeva come necessaria
sia la presenza personale della parte sia l’assistenza dell’avvocato, e alcuni Tribunali si
sono dotati di protocolli e di ordinanze modello in cui si dettavano le disposizioni per il
corretto svolgimento del tentativo di mediazione demandata (v. progetto Nausicaa
Tribunale di Firenze del 2012 e progetto Nausicaa 2 del 2014).
Con la novella del 2013 (Art. 84 comma 1 D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito,
con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98), il legislatore ha voluto recepire tale
indicazione di prassi specificando che “Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al
termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato ….”
(art. 8 comma 1 D.Lgs 28/2010) ed ancora “Il mediatore, sempre nello stesso primo
incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la
procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”.
Se l’intento del legislatore era quello di chiarire la questione, l’effetto ottenuto è stato
l’opposto, come dimostra una disamina della giurisprudenza di merito che ha fornito
interpretazioni variegate ed eterogenee.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, sia nei casi di obbligatorietà
ex lege, sia nei casi di mediazione disposta dal giudice (art. 5, comma 2 D.lgs. 28/2010),
la comparizione personale delle parti, assistite dai loro avvocati è requisito per soddisfare
la condizione di procedibilità, quindi il difetto di rappresentanza o di partecipazione della
parte sostanziale attivante comporta l’improcedibilità della domanda giudiziale e può
costituire fonte di responsabilità professionale per l’avvocato nei confronti del proprio
cliente.
Ma quando si verifica questa ipotesi? Alcuni Giudici hanno ritenuto necessaria la
presenza sia dell’avvocato che della parte personalmente, escludendo la possibilità di
delegare terzi (ex plurimis Tribunale di Pordenone 10.03.2017 “Nel procedimento di
mediazione è necessario che la parte coinvolta nel giudizio sia presente personalmente e
non a mezzo di delegati (siano essi i difensori o altri soggetti). Se si dovesse verificare tale
ultima ipotesi la domanda giudiziale dovrà essere dichiarata improcedibile per mancato
esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione. E questo anche nel caso in cui i
regolamenti interni degli organismi di conciliazione dispongano diversamente”; Tribunale di
Ferrara, 28.07.2016: “Al riguardo, va rimarcato come le disposizioni di cui all’art.8 del
D.Lgs. n. 28/2010(come modificato dalla legge n. 98/2013), lette alla luce del contesto
europeo nel quale si collocano (cfr. in particolare, Direttiva Comunitaria 2008/52/CE),
impongono di ritenere che l’ordine del giudice di procedere alla mediazione obbligatoria ex
art.5, comma 1 bis, D.Lgs. n. 28/2010 e succ. mod. è da considerarsi osservato soltanto
nel caso in cui alla mediazione partecipi la parte personalmente, assistita dal proprio
difensore, e non anche nel caso in cui compaia il solo difensore, che dinanzi al mediatore
presenzi anche quale delegato della parte stessa”).
Altri Giudici hanno ritenuto che la parte sostanziale potesse conferire una procura
speciale a terzi, purché il delegato non coincidesse con il difensore (leading case
Tribunale di Firenze 19.03.2014 “la natura della mediazione esige che siano presenti di
persona anche le parti: l’istituto mira a riattivare la comunicazione tra i litiganti al fine di
renderli in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto: questo
implica necessariamente che sia possibile una interazione immediata tra le parti di fronte
al mediatore. L’assenza delle parti, rappresentate dai soli difensori, dà vita ad altro
sistema di soluzione dei conflitti, che può avere la sua utilità, ma non può considerarsi
mediazione (…). Nel caso in cui il giudice disponga la mediazione, la condizione di
procedibilità non è soddisfatta quando i difensori si recano dal mediatore e, ricevuti i suoi
chiarimenti su funzione e modalità della mediazione, dichiarano il rifiuto di procedere oltre.
In caso di mediazione ex officio, è necessario che le parti compaiano personalmente
(assistite dai propri difensori come previsto dall’art.8 d.lgs. n. 28/2010) e che la mediazione
sia effettivamente avviata”).
Altri ancora hanno ritenuto che la parte sostanziale potesse conferire la procura
anche al medesimo difensore (Tribunale di Verona 11.05.2017 “Nella procedura di
mediazione la parte può conferire procura speciale ad un altro soggetto affinché lo
rappresenti, compreso il suo difensore (…)non si rinviene alcuna norma che vieta alla
parte di delegare alla partecipazione alla procedura di mediazione, il proprio difensore per
cui il fondamento normativo della possibilità di attribuire ad esso una procura a conciliare
ben può rinvenirsi nel disposto dell’art.83 c.p.c.”).
La questione come noto è giunta fino alla Corte di Cassazione, sezione terza, che
con la pronuncia del 09-27.03.2019 n. 8473 ha stabilito che ricorre “la possibilità di
delegare ad un terzo soggetto il potere sostanziale di partecipare al procedimento (e
quindi di conciliare la lite), esito interpretativo peraltro del tutto conforme ai principi
fondamentali del nostro ordinamento in tema di mandato (art. 1392 c.c.), pacificamente
ritenuti applicabili anche alla transazione (Cass. civ. Sez. III 27 gennaio 2012 n. 1181) e
che appaiono del tutto conformi e funzionali anche allo spirito del D.Lgs 28/2010”.
Non solo, la Suprema Corte ha ritenuto che, in assenza di una espressa previsione
normativa limitativa, la procura possa essere conferita anche allo stesso avvocato che
assiste la parte, purché sia specificamente destinata alla partecipazione alla mediazione e
contempli l’esercizio di tutti i poteri di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto.
Di conseguenza, la procura alle liti non integra i requisiti richiesti dalla Cassazione poiché
“il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte
dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore”.
La decisione non è stata accolta con favore dai mediatori perché se da un lato ha
ribadito la necessità della presenza della parte sostanziale, dall’altra ha confermato la
legittimità del conferimento della procura all’avvocato, e quindi ha lasciato irrisolto il nodo
centrale, ovvero di assicurare che il soggetto investito della procura della parte sostanziale
abbia non solo il potere formale ma anche la conoscenza sostanziale necessaria a
partecipare alla mediazione, cioè che il procuratore sia pienamente edotto di tutti gli
aspetti rilevanti per il negoziato, ovvero bisogni, interessi, necessità, opzioni praticabili ecc.
della parte rappresentata.
Al di là di ogni ulteriore critica, che pure la sentenza della Suprema Corte potrebbe
giustificare, ai fini della pratica quotidiana occorre accantonare le speculazioni e
concentrarsi sul perseguimento di soluzioni pratiche. Per prevenire le molteplici questioni
che possono sorgere sulla validità, completezza, efficacia della procura sostanziale
sarebbe opportuno che l’organismo di mediazione predisponesse una modulistica che
contempli il conferimento dei poteri specificamente coerenti con la procedura mediativa
ovvero:
depositare gli atti e i documenti, determinando anche quali siano destinati solo al
mediatore
partecipare al primo incontro ed esprimere la volontà di proseguire o non
proseguire, e sottoscrivere il relativo verbale
assumere l’impegno a rispettare il regolamento dell’organismo
assumere l’impegno a corrispondere le indennità di mediazione
nominare esperti durante la procedura (CTM), e assumere l’impegno a
corrispondere i relativi compensi
richiedere una proposta conciliativa al mediatore ai sensi dell’art 11. D Lgs. 28/10,
nonché rifiutare od accettare la stessa, disponendo totalmente dei diritti/interessi
coinvolti
transigere e conciliare la controversia
pagare ed incassare somme, assumere obbligazioni
sottoscrivere l’accordo conciliativo e tutti i verbali, compreso quello di chiusura della
procedura per mancata partecipazione e di mancato accordo
in caso di mediazione online, autorizzare la modalità telematica di gestione
dell’incontro, e garantire il rispetto della riservatezza, la non registrazione anche
parziale degli incontri, garantire di essere in possesso di idonea dotazione
tecnologica sia per partecipare sia per sottoscrivere i verbali e l’eventuale accordo
Contrariamente ad alcune opinioni che ritenevano necessaria la forma notarile della
procura, va specificato che nessuna norma lo impone. Ed infatti, l’art. 1392 c.c. dispone
che “la procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che
il rappresentante deve concludere”. Nel caso di specie, i verbali e gli accordi assumono la
forma della scrittura privata, pertanto è sufficiente che la procura sia conferita con scrittura
privata, né autentica da terzi, né tantomeno redatta in forma notarile.
La posizione di alcuni Tribunali che ritenevano necessaria la procura notarile come
requisito per considerare assolta la condizione di procedibilità (Tribunale di Velletri,
22.05.2018 “In tema di mediazione, nell’ipotesi di oggettiva impossibilità della parte a
presenziare personalmente all’incontro, come prescritto dall’art.5 del D.Lgs. 4 marzo 2010
- 28, ai fini di una valida rappresentanza del difensore che sia nominato quale
procuratore speciale, occorre la procura notarile, che deve essere menzionata nel
processo verbale dell’incontro come fonte dei poteri di detta rappresentanza”) era
minoritaria e ormai superata dalla pronuncia della Cassazione del 2019.
La questione si pone in termini diversi se all’esito della mediazione si raggiunge un
accordo che debba assumere la forma di atto pubblico a pena di nullità, ma tale fattispecie
non è particolarmente frequente, essendo limitata ai casi di atti di donazione, atti costitutivi
di associazioni riconosciute, di società, convenzioni matrimoniali, costituzioni di trust ecc.
Un accordo che contempli ad esempio dei trasferimenti immobiliari, richiede la forma
dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata ai fini della trascrizione, ma potrebbe
essere validamente stipulato anche senza la partecipazione del notaio (art. 1350 c.c. n. 1),
salvo necessità di una successiva autentica ai fini pubblicitari e di opponibilità ai terzi.
In punto di autentica della sottoscrizione della parte apposta sulla procura al proprio
legale, è opportuno rammentare che il potere del difensore di autenticare la sottoscrizione
del cliente è limitato alla procura processuale alle liti (art. 83 c.p.c.) e alla procedura di
negoziazione (D.L. 132 / 2014). Si potrebbe valutare in via ermeneutica la estensibilità
delle norme sulla negoziazione alla disciplina della mediazione, ma data la specialità della
disciplina e la diversità dei due istituti, l’esito di tale tentativo non pare particolarmente
rassicurante, in particolare dal punto di vista dei doveri del mediatore. Dato che il
mediatore è tenuto a verificare, sulla base degli atti, l’identità delle parti, a fini pratici sarà
sempre necessario chiedere che, alla procura sostanziale conferita dalla parte, venga
allegato il documento di identità in corso di validità del delegante e del delegato. Tale
formalità non è necessaria, viceversa, ove gli atti pervengano in formato digitale e siano
debitamente sottoscritti in forma digitale, poiché il controllo potrà avvenire attraverso la
disamina del certificato di firma.
Se la parte sostanziale è una persona giuridica, il legale rappresentante può
pacificamente delegare terzi a partecipare alla mediazione, ma alla procura dovrà essere
allegata copia della visura camerale o di altro documento che dimostri il potere del
delegante.
Maggiori perplessità sorgono nel caso in cui la parte sostanziale sia un condominio,
perché in questa ipotesi la norma prevede la partecipazione dell’Amministratore del
Condominio, previa espressa autorizzazione di delibera assembleare da assumere con la
maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma (art. 71 quater comma 3 disp. att.
c.c.); poiché l’incarico di Amministratore condominiale è qualificato come personale e non
cedibile, la partecipazione di altro soggetto dovrebbe essere stata quantomeno
previamente autorizzata dalla stessa assemblea condominiale che abbia deliberato in
merito alla partecipazione alla procedura di mediazione.
La segreteria dell’organismo potrà informare le parti e fornire la modulistica, ma
resta precipuo e insostituibile compito del mediatore sia esaminare il contenuto della
procura o della delega, sia evidenziare eventuali problematiche che potrebbero ostacolare
l’efficace gestione della procedura, favorendo le condizioni migliori per poter coltivare il
negoziato al fine di ottenere un risultato utile, ma dovrà anche assumere la responsabilità
di attestare la chiusura del procedimento per mancata partecipazione della parte, ove
difetti una idonea rappresentanza.
Firenze, 14/12/2020
A cura di Beatrice Irene Tonelli
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