L’ORIENTAMENTO DELLE SEZIONI UNITE SULLA INTRODUZIONE DELLA DOMANDA DA PARTE DEL CREDITORE.
Sentenza Corte di Cassazione Sezioni Unite n. 19596 del 18.09.2020.
-I contrasti giurisprudenziali
La questione della individuazione della parte processuale onerata dalla presentazione dell’istanza di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è stata, come è noto, oggetto di contrapposte pronunce sia da parte dei Giudici di merito sia da parte delle Sezioni Semplici della stessa Corte di Cassazione.
L’individuazione del soggetto onerato di dare avvio alla procedura di mediazione (parte opponente o parte opposta) ha fin da subito costituito infatti una forte criticità per gli operatori del diritto.
Il tecnicismo del giudizio civile unito al silenzio del legislatore hanno fatto sorgere, in particolare, un decennale dibattito che ha visto contrapposti, da un lato, coloro che privilegiavano la logica dell’efficienza processuale, il principio della ragionevole durata del processo nonché la volontà deflattiva sottesa all’introduzione della mediazione obbligatoria e, dall’altro, coloro che privilegiavano il principio costituzionale secondo il quale “l’accesso alla giurisdizione condizionata al previo adempimento di oneri non può tradursi nella perdita del diritto di agire in giudizio tutelato dall’art. 24 Cost.”.
Accanto a questi poli contrapposti, nei vari uffici giudiziari sono state poi elaborate le seguenti soluzioni intermedie.
Una terza tesi, infatti, poneva l’onere di presentare l’istanza di mediazione a carico dell’opponente qualora fosse concessa la provvisoria esecuzione e dell’opposto qualora l’esecuzione provvisoria fosse sospesa.
In alcuni uffici giudiziari invece l’obbligo di esperire il tentativo di mediazione veniva attribuito a carico dell’opponente solo se questi proponeva domanda riconvenzionale.
Dette soluzioni intermedie non sono mai state condivise dalla Corte di Cassazione, ritenendo la Corte che tali tesi disarticolassero “l’onere processuale dalla domanda, ovvero dall’atto di opposizione, laddove invece l’esperimento della mediazione resta condizione di procedibilità della domanda”.
In ragione di ciò il contrasto giurisprudenziale tra i Giudici della Suprema Corte ha riguardato solo i primi due orientamenti sopra richiamati, ossia, quello che privilegiava la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo, da una parte, e quello che invece privilegiava il principio costituzionale “altrettanto primario” della tutela del diritto ad agire e stare in giudizio come previsto dall’art. 24 Cost, dall’altra.
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-Le motivazioni della sentenza de Le Sezioni Unite 2020
Con la sentenza n. 19596 del 18.09.2020 la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha finalmente risolto tale contrasto, enunciando il seguente principio di diritto:
“Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art.5, Comma 1-bis, del d.lgs. n.28 del 2010, i cui i giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.
Una conclusione, questa, a cui Le Sezioni Unite pervengono muovendo dalla lettera delle norme in vigore e, in particolare, dell’art. 5, co. 1-bis, del D. Lgs. 28/2010 (“Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale……”) e dell’art. 5 co. 4 del D. Lgs. 28/2010 (“I commi 1-bis e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile; c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile; d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile”; e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata; f) nei procedimenti in camera di consiglio; g) nell’azione civile esercitata nel processo penale”).
E’ sulla base di tali dati normativi, infatti, che le Sezioni Unite giungono ad affermare che l’onere di attivarsi per promuovere la mediazione deve ritenersi posto dal legislatore a carico del creditore, ossia, a carico del convenuto opposto, tenuto conto che una volta instaurato il giudizio di opposizione e superata la fase che termina con la statuizione relativa alla pronuncia sulla provvisoria esecuzione, il creditore/convenuto opposto torna ad assumere, a tutti gli effetti, il ruolo di attore.
A conferma della correttezza di tale ragionamento, Le Sezioni Unite evidenziano anche la coerenza dell’interpretazione data con l’impianto costituzionale.
Se l’onere di promuovere la mediazione venisse riconosciuto a carico dell’opponente, dalla sua inosservanza conseguirebbe, infatti, il passaggio in giudicato e la definitività del decreto ingiuntivo con un effetto potenzialmente lesivo anche del diritto di difesa previsto dall’art. 24 della Costituzione, derivando, invece, dall’eventuale inerzia del convenuto opposto solo la revoca del decreto ingiuntivo, ossia, solo la revoca di un provvedimento che la parte potrà nuovamente ottenere, con la semplice riproposizione di un ricorso.
In quest’ottica garantista, che privilegia le esigenze del contraddittorio e la tutela costituzionale del diritto ad agire in giudizio, gli Ermellini scardinano, dunque, le conclusioni cui era giunta la sezione III della stessa Corte con la sentenza n. 24629 del 2015 cui avevano fatto seguito, in senso conforme, le Ordinanze della Sesta sezione civile n. 22017 del 21 Settembre 2017 e n. 2203 del 16 Settembre 2019.
Con tali pronunce veniva infatti affermato che fosse l’opponente il vero interessato ad instaurare il giudizio di cognizione e che spettasse all’opponente stesso l’onere di presentare l’istanza di mediazione[1]
La recente pronuncia de Le Sezioni Unite ci pare fondata su argomenti di stretto rigore logico e coerente con tutti i criteri interpretativi posti dagli artt. 12 e ss delle preleggi del Cod.Civ.
Tale sentenza deve essere, in ogni caso, accolta con favore, in quanto volta ad eliminare una situazione di grave e pericolosa incertezza.
Auspichiamo, pertanto, che l’effetto di tale pronuncia sia quello di mettere davvero la parola fine alla questione in oggetto e che non venga, dunque, a trovare applicazione, proprio con riferimento alla problematica in oggetto, l’art. 374 del codice di procedura civile, nella parte in cui riconosce alle Sezioni Semplici, per l’ipotesi di mancata condivisione del principio di diritto enunciato da Le Sezioni unite, la possibilità di sottoporre nuovamente a queste, con ordinanza motivata, la decisione della questione già decisa.
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-…e circa le sorti dei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo pendenti?
È lecito a questo punto interrogarsi circa le sorti dei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo.
Sul piano pratico quali sono le conseguenze concrete per i procedimenti ancora in corso?
- Il debitore ingiunto che per mancato esperimento della procedura di mediazione ha subito una pronuncia di improcedibilità della propria opposizione a decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti potrà, se ancora nei termini, impugnare detta pronuncia facendo riferimento a quanto affermato dalla Cass. S.U. n. 19596/2020. L’onere di avviare la procedura di mediazione gravava sul creditore opposto e pertanto è ingiusta la pronuncia di improcedibilità dell’opposizione e di conseguenza il decreto ingiuntivo si consolida.
- Ma possiamo pensare di andare oltre e chiederci se la pronuncia delle Sezioni Unite abbia determinato un fenomeno overruling tale da giustificare la condotta della parte che abbia fatto affidamento su un’interpretazione di regole processuali successivamente mutate, con conseguente possibilità di chiedere la rimessione nei termini.
Il fenomeno dell’istituto giurisprudenziale dell’overrulling, come è noto, è quello che si verifica quando il mutamento della precedente interpretazione della norma processuale da parte della Cassazione porti a ritenere esistente, con conseguente danno a carico di una parte del giudizio, una preclusione prima esclusa.
In particolare poi nel caso di specie il mutamento non può non considerarsi imprevedibile per essere intervenuto in modo repentino sul pregresso consolidato orientamento giurisprudenziale. Pertanto a maggior ragione si può pensare di escludere l’operatività della preclusione nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente nella precedente consolidata interpretazione e che potrebbe quindi richiedere di essere rimesso nei termini.
Ammettendo tale tesi, tuttavia occorre porre subito delimitare il campo.
Detta eccezione dovrebbe riguardare innanzitutto solo le controversie pendenti per le quali non si sia ancora svolta la prima udienza. L’art. 5 comma 1 bis d.lgs. 28/2020 prevede infatti che l’improcedibilità per omesso esperimento del procedimento di mediazione deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal Giudice non oltre la prima udienza.
Pertanto:
– se la prima udienza si è già tenuta e l’eccezione non è stata sollevata dal convenuto o rilevata d’ufficio non pare possibile tornare in argomento a prescindere dall’indagine in ordine alla parte che era onerata a dare avvio alla mediazione.
– se ad esempio il Giudice ha rilevato l’omessa mediazione e fissato la successiva udienza dopo la scadenza del termine di tre mesi per lo svolgimento del relativo procedimento di mediazione, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione, accade che il creditore opposto risulta dopo le Sezioni Unite del 2020 tenuto, a pena di improcedibilità della propria domanda, ad avviare la procedura di mediazione.
Pertanto, nel caso in cui il creditore opposto non si sia attivato, potrebbe richiedere al Giudice di essere rimesso nei termini per poter esperire il procedimento di mediazione giovandosi dei tre mesi previsti dal D.lgs 28/2010 così da evitare di incorrere nella sanzione di improcedibilità della propria domanda in conseguenza del mutamento dell’orientamento interpretativo di cui alle Sezioni Unite del 2020 [2].
Puntuale arriva il provvedimento reso dal Tribunale di Roma che ha dato il primo via libera a tale interpretazione [3].
Il Giudice, in sede di trattazione scritta dell’udienza, ha adottato la decisione apprezzabile a nostro avviso e ragionevole con cui in sostanza ha concesso nuovamente i termini per depositare l’istanza di mediazione, già superati, assegnandoli questa volta alla parte opposta, alla luce appunto della sentenza resa dalle Sezioni Unite.
Si legge infatti nella motivazione del provvedimento reso a verbale dell’udienza del 30.09.2020 che “considerato che medio tempore è intervenuta la nota pronuncia a Sezioni Unite…con la quale la Suprema Corte ha stabilito che l’onere di introdurre il procedimento di mediazione grava non già sull’opponente (come aveva in precedenza affermato in altra pronuncia) bensì su parte creditrice opposta” e “ritenuto pertanto di dover sanare tale situazione procedendo alla riassegnazione del termine a parte opposta, che diversamente risulterebbe ingiustamente pregiudicata dalla mancata introduzione del procedimento della quale il giudicante aveva onerato controparte”, il Giudice ha assegnato alla parte opposta un (nuovo) termine di trenta giorni per avviare la mediazione, fissando una nuova udienza a data successiva.
Riteniamo che tale interpretazione (nel caso di specie trattasi di controversia in materia condominiale) debba essere accolta con favore atteso che privilegia la possibilità che le parti possano risolvere il loro conflitto con una procedura di mediazione e allo stesso tempo non pregiudica i diritti di alcuno [4].
Firenze, 5.11.2020
Avv. Cristina Cassigoli Avv. Ilaria Bernagozzi Avv. Daniela Virgili
[1] In senso difforme si vedano Trib. Firenze 20/01/2016, Corte Appello Milano 2016/del 2017, in Responsabilita’ Civile e Previdenza 2017, 6, 1970.
[2] Si veda, in La Nuova Procedura Civile, SPINA, Le Sezioni Unite su mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo: prime osservazioni tra prevedibilità delle decisioni e overrulig
[3] Verbale 30.09.2020 RG 72075/2019- Giudice Dot. Fabio Miccio “TRIBUNALE ORDINARIO di ROMA Oggi 30/09/2020, innanzi al Giudice dott. Miccio, viene trattata la causa civile iscritta al n. r.g. 72075/2019. IL GIUDICE, considerato che l’udienza odierna non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti e che perciò, ai sensi dell’art. 221 d.l. 34/2020, ne ha disposto con decreto la trattazione scritta; rilevato che il decreto è stato regolarmente comunicato ai procuratori delle parti costituite, a cura della Cancelleria; viste le note depositate da parte opposta,
considerato che medio tempore è intervenuta la nota pronuncia a sezioni unite (19596/20 del 18 settembre 2020) con la quale la Suprema Corte ha stabilito che l’onere di introdurre procedimento di mediazione grava non già sull’opponente (come aveva in precedenza affermato in altra pronuncia) bensì su parte creditrice opposta,
ritenuto pertanto di dover sanare tale situazione procedendo alla riassegnazione del termine a parte opposta, che diversamente risulterebbe ingiustamente pregiudicata dalla mancata introduzione del procedimento della quale il giudicante aveva onerato controparte, osservato peraltro che il procedimento di mediazione, per la natura del presente procedimento e per il suo contenuto, ben può determinare la composizione della lite, P.Q.M.
Assegna a parte opposta termine di trenta giorni per avviare la mediazione; fissa nuova udienza 183 c.p.c. alla data del 21 aprile 2021, ore 10.00”.
[4] si veda in Quotidiano del Sole 24 Ore Condominio del 3.10.2020 a cura dell’Avv. F. Plagenza
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